TROVARE UN SENSO A CIÒ CHE UN SENSO NON CE L’HA


La morte di Davide Astori ha lasciato tutti perplessi e smarriti per la sua
incredibile realtà. Dopo l’esito dell’autopsia, infatti, il direttore del Centro
di patologia vascolare dell’Università di Padova Gaetano Thiene e il professore di medicina legale dell’Università
di Udine Carlo Moreschi, hanno stabilito
che Astori è mancato per “morte cardiaca con evidenza macroscopica, verosimilmente su base bradiaritmica”.
Ma per capire meglio le cause della sua morte, saranno necessari gli approfonditi
esami istologici i cui risultati saranno resi noti tra due mesi. Da quel
momento si potrà avere un quadro completo su ciò che è successo in Davide Astori durante quella maledetta
notte. Ma resta il fatto che morire a 31 anni disteso sul letto di un albergo mentre
assapori il sonno notturno prima di scendere in campo per giocare una partita
di pallone, è davvero impressionante. Davide era il capitano della Fiorentina,
era il capitano che indossava la maglia numero 13 che da oggi in poi non sarà
più indossata da nessuno che giochi con la viola o con i colori rossoblu del
Cagliari. Sono le squadre in cui ha militato e in cui ha lasciato un
incredibile ricordo di signorilità, di educazione che rasentava una discrezione
forse neppure adatta al suo mestiere di calciatore. Davide Astori era un campione che giocava con grazia, mai arrogante
e mai desideroso di prevaricare sull’altro, per questo suscitava ammirazione e
affetto. Proprio come certi campioni del passato che pur avendo indossato una maglia
sembrava le avessero indossate tutte; per questo si dice che è stato “un
campione senza maglia” benvoluto da tutti. E Davide Astori era così, amato da tutti per quel suo carattere
schivo e al contempo trascinatore della sua squadra. Un fisico eccellente da
sportivo vero, forte, cui non difettava mai la propensione allo sforzo fisico nell’allenamento,
per migliorare le sue prestazioni da professionista serio. Per questo quella
sua morte così improvvisa, fa rumore ancor più della morte stessa. E’ come
cercare di trovare un senso a ciò che un senso non ce l’ha. Ma noi lo ricordiamo
così, esemplare sotto ogni aspetto.
Salvino
Cavallaro